martedì 8 aprile 2014

AAA - ISTRUZIONI PER IL READING DEL 28 APRILE! Il posto segreto (oppure: Banana)

IMPORTANTE! Qui di seguito tutte le decisioni e le istruzioni discusse ieri, martedì 8 aprile, in Piazzetta per il Reading Collettivo di poesia.

Data: 28 aprile (lunedì), nel pomeriggio ovvero dalle 17.

Luoghi: 2 stanze + il giardino di Piazzetta.
1. Nella sala prove: in loop i campionamenti e le registrazioni delle vostre letture.
2. Nella sala Giaconi: proiezioni di fotografie inerenti all'idea del posto segreto e alternate ai testi che troviamo nel blog. Coordinamento: Sara e Sarii.
3. Giardino: reading.

Modalità del reading: ognuno legge da 2 a 4 testi. Uno di un autore riconosciuto (potete anche scegliere uno degli esempi letti durante questi mesi). Gli altri SUOI - tra cui le cose raccolte qui.
Ci sarà un "tappeto sonoro" ovvero un insieme di suoni e musica armonizzati con i testi e studiati insieme.

Ruoli: Pane presenta.
Simone si occupa del tappeto sonoro insieme ad altri volontari.
La lista dei lettori è in aggiornamento.

Martedì prossimo, il 15 aprile, portiamo i testi e facciamo le prime prove. Per ora, è tutto!



mercoledì 26 marzo 2014

la cucina dei sogni oppure: "quando muori diventi una rapa" (cit. Ettore Brancé)

Nessun aggeggio tipo Dolce Forno, tranquilli.


Piuttosto una cucina inquietante che emerge dall'arte di Marina Abramović e al suo lavoro 

The Kitchen: Homage to Saint Therese serie di ritratti fotografici che abbiamo incontrato ieri. Dividendosi in coppie abbiamo osservato sulle immagini, cercando di scrivere delle didascalie. Partendo da fotografie come questa:



è venuto fuori un lavoro che può essere letto come un corpo unico. Provvisoriamente lo intitoliamo 
Didascalie per cucina ed eccolo qua (leggetelo omettendo i vostri nomi):


Sarii
La crocifissa nell’altare della cucina con le pentole adoranti mute e in fila, illuminate dalla grigia luce divina

Jacopo
L’ordine ti porta al caos, niente è mai come sembra, può succedere di tutto, anche le cose ordinarie possono sfociare in follia

Edoardo
Trattenere un ricordo dopo la morte

Melissa
Non riesco ad abbandonare i ricordi e i pensieri della persona venuta a mancare, tutte queste cose partono dalla testa

Ettore
La nonna non è ancora arrivata e io non voglio fare la torta / cartavetrata

Sabrina
Ho versato lo zucchero e per non farlo notare l’ho messo in mezzo a due ciotole in modo artistico

Denise
Morte nella vecchia cucina / fuochi fatui

Simone
Laboratorio

Gabriele
La cucina è un posto fra vita e morte/
La donna con mezza faccia nera e mezza umana

Brenda
Loro sono dentro di me
Sono fra di loro

*******


Bello, vero? Dopo siamo entrati in una discussione su
- Fuochi fatui e Jack O' Lantern ovvero: farsi luce con una rapa
- i sogni - a causa di questa poesia di Wislawa Szymborska


NEL SONNO

Ho sognato che cercavo una cosa,
nascosta chissà dove oppure persa
sotto il letto o le scale,
all’indirizzo vecchio.

Rovistavo in armadi, scatole e cassetti,
inutilmente pieni di cose senza senso.

Tiravo fuori dalle mie valigie
gli anni e i viaggi compiuti.

Scuotevo fuori dalle tasche
lettere secche e foglie scritte non a me.

Correvo trafelata
per ansie e stanze 
mie e non mie.

Mi impantanavo in gallerie
di neve e nell’oblio.

Mi ingarbugliavo in cespugli di spine
e congetture.

Spazzavo via l’aria
e l’erba dell’infanzia.

Cercavo di fare in tempo
prima del crepuscolo del secolo trascorso,
dell’ora fatale e del silenzio.

Alla fine ho smesso di sapere
cosa stessi cercando così a lungo.

Al risveglio
ho guardato l’orologio.
Il sogno era durato due minuti e mezzo.

Ecco a che trucchi è costretto il tempo
dacché si imbatte
nelle teste addormentate.


Ascoltando questo:


abbiamo scritto sul sogno. Ecco i primi risultati!

Sarii
la noia come morte,
i sogni come vita.
ma se sogno la morte,
la noia per la vita
dov'è finita?

Gabriele
"Muoviti è suonata, abbiamo il compito". Apro la porta, sono tutti seduti, pronti per iniziare: "Mettetevi seduti che iniziamo" . Prendo il foglio pieno di formule scritte col lapis, poi sento:"Fatemi controllare i fogli". Panico, non ho tempo per nasconderlo:"Fammi vedere Signorini". Sgamato, sono finito:"Bene, tutte le formule, mi sa che ci vedremo a settembre" "No prof mi risparmi!" Mi sveglio,era un sogno per fortuna...

Denise
I sogni sono quel mondo fantastico dove puoi far tutto e dove puoi aver tutto.
Dove nessuno può fermarti...
Ti trovi sola in una stanza tutta bianca, non sai cosa fare e neanche dove andare...piangi.
Senti il senso dell'abbandono e del rifiuto.
Non trovi nessuno, vorresti un abbraccio, di quelli che l'amore te lo fa entrare dentro.
Sei ferma, nel mezzo di questa stanza, tutta raggomitolata che piangi.
Non riesci ad accettare questo vuoto che tutto e tutti hanno lasciato dentro di te.
Poi smetti di piangere...perché arriva lei...come un angelo custode...che ti protegge e ti da tutto quell'affetto che ti mancava...e ti senti di nuovo viva.
Le lacrime si bloccano sulle labbra, che adesso sorridono.
Hai ritrovato quello che ti mancava, solo in una persona.
~pain~



mercoledì 19 marzo 2014

Due giornate molto diverse. Ovvero: Materiali sul silenzio e La primavera è arrivata in Piazza Della Resistenza (a bordo vasca)

Venerdì 14 marzo. Possiamo definire il silenzio?

AVVERTENZA: In questo post diversamente dalle altre volte non racconterò cosa abbiamo detto e fatto, ma metterò insieme solo alcuni dei materiali che abbiamo ascoltato e letto, con qualche piccola nota.

Il silenzio quale momento in cui stiamo da soli a pensare e fare, il silenzio come difficoltà nella comunicazione, il silenzio come ultimo approdo delle parole - quando qualcosa diventa inesprimibile il silenzio riesce a dirla. Il silenzio come imperfezione necessaria in tutto ciò che chiamiamo linguaggio. Il silenzio assoluto. Il silenzio interiore. Il silenzio del non capire.

Partiamo da qui. Ascoltiamo Diamanda Galàs, la serpenta, che esegue al piano una poesia di Pasolini - Supplica a mia madre.



La Galàs sbaglia le parole, gli accenti, eppure è proprio questo - l'imperfezione - a rendere questo pezzo unico e a infondergli l'amore disperato (perché vero, intenso, ma anche terribile come un legame che non si riesce a scindere) del poeta per la madre.

Supplica a mia madre

E’ difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. 

Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore. 

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.    

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
  
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
  
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
  
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
  
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
   
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
  
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile … 


Pier Paolo Pasolini


Dopo leggiamo da un testo scritto da Simone Weil a sedici anni, Il bello e il bene. Parla della musica:
"la musica sembra la sostanza della nostra anima. Tuttavia, se ci si riflette, la musica appare come un oggetto tanto duro e impenetrabile quanto un tempio. Al contrario del tempio che è là, davanti a noi, nello spazio cosicché possiamo allontanarci o avvicinarci a esso quanto vogliamo, la musica sfugge sempre. E poiché dobbiamo imitarla senza sosta e muoverci con essa, per coglierla, crediamo sia lei a esprimerci e invece siamo noi a imitarla".
Discutiamo su cosa significhi l'imitazione e anche sulle cose perfette - se esistono e se sono umane. 
Ma perché esprime la nostra anima? Di quale anima parliamo? Di uno spirito che ci sopravvive? Di un'idea religiosa? Di un principio fisico che anima il corpo? Del sentimento più profondo dentro di noi?


Forse l'anima è quel luogo dove le memorie e i sogni si accumulano e insieme si dimenticano.
Tomas Tranströmer, poeta svedese Nobel nel 2011. La prima è quella su cui ci fermiamo di più:
I ricordi mi vedono

Devo uscire nel verde gremito
di ricordi, e mi seguono con lo sguardo.

Non si vedono, si fondono totalmente
con lo sfondo, camaleonti perfetti.

Così vicini che li sento respirare
benché il canto degli uccelli sia assordante.




Come è possibile essere visti dai ricordi? Facciamo varie ipotesi.
I ricordi ci giudicano.
I brutti ricordi ci perseguitano e tornano anche se cerchiamo di evitarli.
I ricordi ci determinano.
Sono ovunque nel paesaggio. Ma, aggiungo, sono anche camaleonti. Questo vuol dire che si modificano, non restano sempre uguali a se stessi e forse sono vivi proprio grazie ai mutamenti. La loro voce possiamo sentirla solo noi - è anche lei un silenzio. 
E se fosse, invece, che non siamo affatto al centro di nulla come esseri umani, ma sempre visti e quindi determinati da tutto ciò che esiste insieme a noi?
Allora leggiamo questa poesia che è anche un sogno. Un sogno meraviglioso in cui è l'albero a camminare e non l'uomo. 



L’albero e il cielo

Un albero vaga nella pioggia,
ci passa in fretta davanti nel grigio scrosciante.
Ha un affare da sbrigare. Prende vita dalla pioggia
come un merlo in un frutteto.

Appena smette di piovere l’albero si ferma.
S’intravede dritto e fermo nelle notti chiare,
come noi in attesa dell’istante
in cui i fiocchi di neve si rovesciano nello spazio.


L'ultimo silenzio che ascoltiamo è questa canzone qui, che tutti conoscete:



Stavolta il silenzio è la non comunicazione, l'indifferenza, l'isolamento, il desiderio di raggiungere gli altri e il trovarsi sempre impossibilitati a farlo. 

Abbiamo anche scritto qualcosa e si può leggere qui.

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Martedì 18 marzo. Gita in Piazza D'Armi! Letture e discussioni varie in libertà accanto alla vasca dei pesci.


Lirici greci
apparizione fugace di Emiliano
progetti di reading
Antonella Anedda
Franco Buffoni
torture orribili
Catullo
poesie sboccate
Bob Dylan
andiamo tutti in gita alla montagna dell'orso
Interviste sulla primavera
La superiorità dell'Estathè al limone su quello alla pesca, lo schifo totale dell'Estathè verde
il delfino di verdura nella vasca
i tacchi e l'omologazione
Requiem for a dream vs. Trainspotting
Le droghe e il mito letterario - Heroin di Lou Reed, ma anche Pompeo di Andrea Pazienza...





mercoledì 5 marzo 2014

Guardando (a volte) il cielo. O anche: dalle cucine alle lande

Quest'avventura inizia nella cucina della Casa in Piazzetta per poi involarsi verso luoghi nascosti e incredibili.

Varia umanità al tavolo della cucina: per esempio Henry con capigliatura nera smagliante (o blu, secondo la Brenda), che in seguito ci mostrerà dei vinili metal color rosso fiamma - del resto l'etichetta si chiama Sangue e vomito; qualcuno che mangia biscotti; Pane e la Sara che vanno a comprare il latte - o forse era questo latte
La Brenda racconta una fiaba che ha per protagonista Simo. Dovete sapere, infatti, che sabato sera Simone ha perso la memoria, incantandosi sul rosa magnetico del cappello di una bimbetta. Quindi la Brenda è corsa in soccorso, per ricordargli CHI veramente lui è. Bando alla suspense: figlio rapito di un re - quindi principe - che deve riappropriarsi del suo regno usurpato, con l'aiuto di un giullare sapiente, di cui non vi sveleremo il nome. Il castello ha misteriosamente le sembianze dell'istituto Pacini ...
Gira sul banco un libro del destino  ovvero: Good fairies, bad fairies di Brian Froud. Tuttavia ricordate: sebbene non tutti gli spiriti fatati siano cattivi, non ve ne sono certo di buoni.


Succedono senz'altro moltissime altre cose - che ora come ora volano via dalla mente. 
Guardiamo dei corti animati. Il primo, Alma di Rodrigo Blaas, è assai inquietante:



Poi segue Le silence sous l'écorce di Joanna Lurie, che invece ci smuove tutt'altri sentimenti e commozioni. (Guardate il link: Joanna Lurie fa cose belle):


Ci spostiamo dalla cucina: oggi siamo seduti sul palco, allargato per accoglierci tutti. Pane invece pulirà i vetri - del resto qualcuno deve pur darsi da fare.

Dal posto segreto, iniziamo a parlare dell'amico immaginario - se ne abbiamo uno, come ci parliamo, come si chiama. Ecco cosa viene fuori:
Sabrina parla con un amico immaginario che chiama Karma, che le risponde a suo modo, anche se lei non comprende subito. Da bambina parlava con Atreyu, personaggio de La storia infinita di Michael Ende.
Denise parla con lo spirito del padre e il ricordo e l'immaginazione diventano tutt'uno nella sua figura.
Gabriele esce e va a camminare nei boschi, dove può parlare con se stesso, urlare, trovare risposte.
Brenda e Simo ragionano sul fatto che a volte non c'è un amico immaginario, ma come una voce nella propria testa, che non sembra nostra, sembra arrivare da chissà dove.

Parliamo poi del significato del Fa' ciò che vuoi, impresso sul retro del medaglione AURYN, oggetto simbolo della storia infinita. Cosa significa trovare la nostra vera volontà? Essere liberi e fare ciò che ci sfrulla per la testa sono sempre la stessa cosa?
Poi c'è il problema del volere bene a qualcuno - la frase viene infatti da un motto di Sant'Agostino, che nella sua forma completa dice così: Ama e fai ciò che vuoi. Ma ogni volta che amiamo la nostra libertà deve includere anche la visione e le aspettative dell'altro. O forse è proprio così, divenendo responsabili di qualcuno e qualcosa - di una persona, di un sogno, che si diviene liberi?
Più tardi arriverà Thibault a leggerci una breve riflessione che ha scritto in francese e che, manco a farlo apposta!, è incentrata proprio sulla relazione tra le nostre scelte e gli avvenimenti esterni.
Arrivano anche la Jessica e poi l'Adele.


C'è un momento in cui il cielo è più umano? O la sua è sempre una lontananza disumana?
Gabriele dice che nel giorno, quando ci muoviamo regolarmente, il cielo è più vicino a noi - anche la Jessica è d'accordo.
La Brenda invece dice che il cielo buio assomiglia alle persone.
L'Adele ricorda che da piccoli disegniamo il cielo come una striscia azzurra, compatta e distante dalla terra - il cielo non può essere umano, anche se immaginiamo là gli spiriti dei nostri cari.

Arriva il momento di scrivere: sugli amici immaginari, i dialoghi con noi stessi, il cielo.
Questa è la nostra colonna sonora, una canzone dei Sigur Ròs che si traduce con "Barca a remi".


Gabriele scrive una lista sul suo vagare nei boschi; Sabrina e Denise scrivono sullo spirito con cui dialogano. Jessica scrive sul cielo e Adele ci legge il testo di una canzone delle Cervices. La Brenda scrive un testo su un episodio spiacevole che è accaduto a lei e Simo, quando hanno soccorso un amico in pessime condizioni. 
Simo ci regala questo:



L'Adele e Gabriele mi aiutano con il tè che serviamo in bellissimi barattoli, visto che la lavastoviglie si sta mangiando tutti i bicchieri.
Poi, a causa di qualcosa letto e detto dall'Adele, viene fuori questa poesia qui:

L’ALBERO OCCIDENTALE

Poiché ero l’albero più occidentale del giardino
Per ultimo mi scuotevo di dosso la fredda rugiada.
Nebbia e noia via dai miei rami lentamente strisciavano
E nessuno al mio risveglio applaudiva,
Ché i miei compagni erano da tempo gloriosi nella luce.

Ma la sera su me emigravano gli uccelli
Che l’ombra sgomentava da ogni altro verde asilo;
Lungo e dolce da me s’alzava il canto;
Avidi gli occhi degli uomini mi fissavano, mentre
Ero avvolto dal sole nell’amoroso addio
E brillavo come una torcia sul mondo spento.

Margherita Guidacci

Rimettiamo un po' a posto. Intanto in sala prove si è scatenato l'uragano  a ritmo di voci distorte (Adele e Pane); batteria (Thibault) e oggetti strumentali non meglio identificati.


mercoledì 26 febbraio 2014

Immaginando IL posto segreto

Ovvero: da una poesia rumena al cosmo segreto di ognuno.

Ha inizio così: la Diana viene intercettata per leggere una poesia di Nina Cassian in lingua originale. Sfoglia un po' il libro e poi ne sceglie una, per tutti noi misteriosissima, poiché non sappiamo il rumeno.
Ce la legge e ci rapisce, perché - lo ripetiamo da un po' - i suoni sanno essere più potenti del senso.
Il libro viene passato alla Brendache esordisce con un "ah, bella!". Poi svela l'arcano, leggendo la traduzione:

Intimità

Posso stare da sola.
So stare da sola.

C'è un tacito accordo
tra le mie matite
e gli alberi là fuori,
tra la pioggia
e i miei capelli diafani.

Bolle il tè,
spazio mio dorato,
mia ambra pura e ardente ...

Posso stare da sola.
So stare da sola.
Scrivo a lume di tè.

Il tè, gli alberi, il poter o saper stare da soli ci lanciano in una discussione sul significato della parola solitudine - c'è una solitudine "buona", creativa e una che ci fa male, coincide con l'isolamento, prontamente citato da Giammarco con Isolation dei Joy Division. Lo Scarpe sottolinea che la poesia ha anche un aspetto malinconico; Simo segue citando L'infinito di Leopardi - ogni solitudine che produce immaginazione, che supera l'ostacolo (delle siepi, dei muri, delle matite grandi come alberi), ha in sé anche una componente dolorosa di separazione. Forse per questo, poi, si scrive. Per arrivare dall'altra parte, dove stanno i fantomatici altri.
Pane, nel frattempo, ha deciso che parlerà sottovoce per essere in sintonia con le solitudini.

--- Mentre siamo così immersi in queste profonde elucubrazioni, prontamente registrate da Lorenzo (il Maff!), accadono strane cose nelle retrovie: in vista della festa di Carnevale alla scuola d'arte, la Diana viene truccata dalla Melissa fino a diventare una perfetta Sally di The Nightmare Before Christmas; uno Zanna un po' più inquietante e fiorito si sottopone a torture, ciprie bianche e labbra nere - tipo Kiss. 

- la Denise gira con una testa.

--- alle cuffie: Natale sistema e riascolta un pezzo straordinariamente psichedelico, realizzato poco prima da lui e Gabriele...  di cui senz'altro parleremo ancora.


Cerchiamo di associare una canzone ad un'idea personale di solitudine positiva  - Giulio cita Society di Eddie Vedder, che fa parte della colonna sonora di Into the wild di Sean Penn. Il protagonista, ricorderemo, se ne va da una società adulta di legami fittizi, inseguendo una solitudine perfetta e una terra sua, incognita, dove recuperare un altro senso del sé. Ma la storia, vera, ha un epilogo tragico... poco prima della fine Alex Supertramp legge e sottolinea, ne La felicità domestica di Tolstoj, uno dei suoi libri magici, mai abbandonati, chiusi nello zaino, che "la felicità è vera solo se condivisa". E' così? Vale anche per noi?

A questo punto Lorenzo ci racconta un episodio di qualche tempo fa, che lo ha colpito assai e che vede come protagonista lo Scarpe. In una pausa sigaretta, durante le registrazioni, lo Scarpe invece che uscirsene sulla panchina, se ne va in un "posto suo" dove pensa meglio, dove può starsene un po' da solo.
Allora ci chiediamo com'è che un posto, anche banale, comune, noto a tutti, abbandonato o iperfrequentato, immaginario o reale o entrambe le cose, può diventare il posto segreto, quel luogo dove ci rifugiamo per fare ciò che ci piace: scrivere, leggere, contare gli ippogrifi, guardare le figure, non fare niente, ma farlo in pace.
Un po' di posti segreti e azioni che vengono fuori dall'animata discussione:

Pane legge sull'autobus.
Gabriele legge a scuola, mentre i professori spiegano.
La Denise usa la sua solitudine segreta per scrivere. Legge sotto il tavolo.
Lorenzo nomina la stazione di Rifredi, quando era uno studente di **** (censura) all'Università.
Lo Scarpe cita la sua soffitta, l'albero di Sant'Alessio (il leccione! su cui parte una digressione sentimentale della Francesca/Higgiugiuk, con commentini di sottofondo di Pane e Giammarco, che ci risparmiamo qui).
Viene indicata la casa in piazzetta.
Simo dice che va alla vasca di Piazza D'Armi, la sera, quando non c'è nessuno. Se arriva gente - si sposta.
La Brenda intanto ha davanti a sé un potente quaderno arancione che, come la digressione psichedelica di Natale, sappiamo, tornerà fra noi.

Leggiamo alcune poesie di Emily Dickinson (i libri sono nella biblioteca della c.i.p. ora), ragioniamo su quanto si perde nella traduzione. Emily visse buona parte della sua vita chiusa in casa, dietro la finestra da cui vedeva il mondo e dunque le sue poesie. Delusione? Depressione? Paura? O semplicemente: lei stava bene così?

Viene intercettato Henry che ci offre una memorabile lettura dei testi in inglese. Prova a leggere anche una traduzione, uscendosene poi con una faccia schifata - è tutto diverso, non c'è ritmo, rima, assonanza, armonia. We agree. Poi ci legge The Disquieting Muses della Plath. Non sappiamo come, ci ritroviamo a sentire un'altra ispiratissima lettura di Henry di Raped by elephants dei Torsofuck.

Ascoltiamo il pezzo psichedelico di Natale & Co. al ritmo di incursioni spettro-carnevalesche nella stanza.

La Francesca propone in modo caotico, ma chiaro, di lavorare collettivamente, tra canzoni, scritti, immagini, musiche varie, al "posto segreto". Inizieremo scrivendo delle LISTE al riguardo. Arrivano Sarii e Cosimo che si uniscono alla scrittura liste - musica: In a Landscape di John Cage - di cui si possono vedere qui i primi risultati.

Altre cose che possono servirci: scatti fotografici, immagini, talismani, canzoni, poesie e testi nostri come altrui. Forse il posto segreto non esiste. Ma possiamo sempre inventarlo.

Playlist






























sabato 22 febbraio 2014

da: Documento

I fiori vengono in dono e poi si dilatano
una sorveglianza acuta li silenzia
non stancarsi mai dei doni.
 
Il mondo è un dente strappato
non chiedetemi perché
io oggi abbia tanti anni
la pioggia è sterile.
 
Puntando ai semi distrutti
eri l'unione appassita che cercavo
rubare il cuore d'un altro per poi servirsene.
 
La speranza è un danno forse definitivo
le monete risuonano crude nel marmo
della mano.
 
Convincevo il mostro ad appartarsi
nelle stanze pulite d'un albergo immaginario
v'erano nei boschi piccole vipere imbalsamate.
 
Mi truccai a prete della poesia
ma ero morta alla vita
le viscere che si perdono
in un tafferuglio
ne muori spazzato via dalla scienza.
 
Il mondo è sottile e piano:
pochi elefanti vi girano, ottusi.

Amelia Rosselli


giovedì 20 febbraio 2014

Kina 1989 _ Questi anni




So ancora guardare in alto
e perdermi nel cielo
Mentre vibro assieme ad un torrente
...e penso all'acciaio che ci stringe.

Questi anni stan correndo via
Come macchine impazzite li senti arrivare
Ti volti e son già lontani
Ti chiedi cosa é successo

La rabbia di quei giorni brucia ancora dentro
Ma forse tanto veleno
Poi é tornato dentro di noi
Gli altri stanno ancora ridendo...
E noi qui a guardarci dentro

No son sempre io
Non mi cambierete quel che ho dentro
Forse un'altra faccia
Ho più cicatrici di prima
Sorrido un po' meno
Forse penso di più

Non mi chiedere se ho vinto o se ho perso.
Quel che é intorno é una sconfitta per tutti
No non sono io il fallito
Voi tutti avete perso un po' di vita
Voi tutti meno umani

Il cavaliere di Graal

di Patrizia Vicinelli

Da un altro punto furono viste le stagioni
fino lì sconosciute
solo allora poté sedersi ad ammirare
il senso dell’alternanza.
Dalla sua radice gassosa ne muta
la base visibile
e lo cimenta la traiettoria
di notte e giorno la luce,
il cielo.
È fusa la donna alla sua ombra
eppure trema al fuoco dell’inizio
così se li sposta i suoi passi
Iside all’orizzonte mèta
ora essa fugge la sua lontananza.
Perché non cola l’attesa profumata
ossia fermarsi
la sua ansia volta avrà la fine
di profilo porre cosa la tiene unita
quella che stacca la radice, un alito.
Batte allora sul ferro la materia di sé
e lo plasma ogni angolo continuo
della vista
una distanza del suo centro esatta
la definisce.
I piani diversi del linguaggio
ne è avvolto
così genera le forme della sua ricerca
egli ha imparato come lasciarsi solcare
ad essere cinto dalle tracce.
Con un colpo d’occhio sentiva
la presenza simultanea di tutto ciò
che nella terra cresce
e questa coscienza della situazione attuale
lo aiutava come una disciplina.
Ciò che non è compiuto spinge
il modo del procedere,
mèta, mèta, arsi e riarsi,
durante la costa dei millenni.
Incessante se lo vide rinascere e morire
il mondo fino a dove
non ci fu più tempo né abbastanza luce
per seguitare i paradossi demoniaci
sbalzato come dura pietra molle ora
nelle acque del fiume,
si agitava dentro pezzi di realtà dissimili.
Nel mentre cantano nel petto i volti
dei suoi sogni
muta al mattino in albe anche dorate,
quale certezza venga da mondi paralleli, attriti
posti sopra o sotto, vincolanti.
Scivolando lungamente sul fianco
della piramide atavica
lo blocca quando vuole come esercizio
e intanto la miseria dell’uomo
va consumata dentro di sé, nell’arca
del suo spazio interiore
intendeva infrangere ciò che da inadeguato
si ricompone ad ogni istante.
L’attrazione dinamica del fare mancò
a quel punto
e alla fine della danza più lunga,
l’abbandono e il silenzio
della grandiosa solitudine
lo rendeva eterno,
come collocato su di un punto raso
della terra, sotto le stelle.
Non era più chiamato in battaglia
da tanto tempo.
Il mio inizio è forse il solo inizio,
disse l’uomo assetato, e si sedette
a guardare l’evidenza del suo destino.
Il cavaliere che guarda la luna,
non cerca e non aspetta niente.
Beveva quel soffice vino d’agosto
e teneva la porta aperta
sulla laguna afosa della fine d’agosto,
musica in viole di quel tempo, vino di Graal.
Si chiedeva se non fosse una sua fantasia
mentre risa fendevano l’aria,
di giovani donne ubriache.
Arrossisce il suo silenzio il vino
e gli dà corpo
col respiro batte il ritmo della mente
nell’aria intatta
ora a cerchio lo sguardo, la perdita
lo svela,
un parallelepipedo di una battaglia navale
del settecento,
esatto d’ombre fatte di sfumature.
In settembre oltre la luce così bassa
e radente c’è nebbia
e l’odore di funghi porcini annusati
a lungo, come nelle cene d’inverno
dentro le buste di plastica.
La configurazione del male così conosciuta
era allora impalpabile, sembrava
non ci fosse traccia.
Intanto la luna al primo giorno calante
porge la notte in adagio,
la struttura tutto sommato
è tonda ora, poi cambierà.
Già pensa che il santo Graal è troppo
lontano, e il bicchiere si sta offuscando
di rosso, – qualsiasi cosa signore, ma spingimi
avanti – nuovamente il bicchiere brilla rosso
e la luna fra gli alberi cade con la certa nebbia
fino ai pini e alle acacie, ma non i grilli, non
i ragni, le libellule fino a ieri poi.
Non c’è arrivo non c’è sosta non
c’è partenza, ma il succedersi senza tregua.
Questo sì, che ad ogni livello ne succeda
un altro, per generazione spontanea
l’aveva saputo dalla ruota che girava
mentre i mondi finivano, a volte.


martedì 18 febbraio 2014

Fausto Rossi _ Il lungo addio



Quando mi prendi
la pelle cerca un corpo che non ho mai
Posso dormire
in un letto sempre caldo e sfatto a metà

Ho i piedi bagnati, e qualcosa non va
non ho mai fame, e mi sento un po' giù

Vorrei andarmene un po' via
Vorrei dirti di andar via
Voglio dirti di andar via
Voglio andarmene un po' via, via

Sempre qualcuno
che dorme nel mio bagno e mangia con noi
Credi davvero
che io non riuscirei a fare quello che vuoi

Ma non riesco a dormire, e il cuore non va
Ho un nodo in gola, e mi sento un po' giù

Vorrei andarmene un po' via
Vorrei dirti di andar via
Voglio dirvi di andar via
Voglio andarmene un po' via, via

Non è geniale che
ci sia chi sputa sempre nel mio caffè
Non e poi male
se riesco ad addormentarmi per terra alle sei

Mi sento nervoso, qualcosa non va
Non ho più fame, e mi sento un po' giù

Vorrei andarmene un po' via
Vorrei dirti di andar via
Voglio dirvi di andar via

Voglio andarmene un po' via, via.